«Mi scusi, sa mica cosa ci fa qui tutta questa gente?» Una signora incuriosita mi ferma mentre cammino. Io sono capitata lì come lei, ma subito mi sento parte della causa e le spiego convinta: gli abitanti del quartiere si sono incontrati qui, in piazza San Giorgio, quartiere delle Grazie nel centro storico di Genova, per raccontare a chi passa e ai vicini di casa la loro idea di centro storico. Degrado, criminalità, sporcizia. Alzi la mano chi non si è mai lamentato di dover attraversare, di notte, i vicoli che da via san Bernardo sfociano sul porto.
Comitato 16128.
«È davvero necessario combattere per dare una seconda vita, una nuova fama alla nostra casa». Mi fermo a parlare con Barbara, membra del comitato spontaneo 16128 – il CAP del quartiere – che ha organizzato non un sit-in di protesta, ma una festa di quartiere a cui sono invitati proprio tutti. Mi spiega animata come le piacerebbe avere un locale che fa buona musica fino alle 4, come sarebbe utile un centro di ritrovo in mano ai giovani, come si chiude un po’ anche la loro vita ogni volta che chiude la serranda di una attività commerciale.
Abitare i vicoli.
«Sai, adesso c’è il Carrefour…» continua. Raccolgono idee su un taccuino, a penna, fra un bicchiere di vino e quattro chiacchiere. «Spesso gli abitanti della zona si dimenticano di dove abitano, e sono i primi a sbarrare le porte e abbandonare la vita di quartiere – vieni, prendi un po’ di focaccia – ma se non le riempiamo noi le strade, è ovvio che poi ci pensa qualcun altro, e allora di cosa ci vogliamo lamentare?» Con chi ce l’hanno queste signore? «È agli abitanti come noi che stiamo parlando. Oggi in mezzo a una piazza con due sgabelli e qualche panino, domani chissà…».
È colpa del porto?
«Mio figlio ha 13 anni» racconta Barbara «vorrei che fosse lui, insieme ai suoi amici, a gestire uno spazio comune, un centro di ritrovo. Nessuno vuole nascondersi dentro casa, cambiare quartiere o vedere i locali chiudere. Queste mura hanno visto gente di tutti i colori riempire ogni giorno le strade, fin da molto prima che noi nascessimo, abitiamo in un porto, non può essere altrimenti! È questa ricchezza che ci interessa, le polemiche di chi qui non ci vive non ci riguardano»-
Basta un saluto.
Una signora si fa coraggio e interviene a bassa voce: «Io abito qui dietro, no non mi fermo, scusate, la borsa della spesa è troppo pesante, non conosco nessuno, non esco molto spesso… però sono d’accordo con voi!» Probabilmente il cammino per ripulire il quartiere è ancora lungo e in salita. Oggi però una signora timida ha trovato qualcun altro da salutare, quando scende per fare spesa. Un uomo le sorride «Ma lo sa che i genovesi ci mettono un po’ ad aprirsi! Vedrà che la prossima volta la riconosciamo e la salutiamo pure! Poi se vuole venirci a trovare…» E voi dite che è poco?
Riservati. Menefreghisti. Altezzosi. Si dice un po’ di tutto dei genovesi, e quante volte ci troviamo a essere d’accordo, davanti a un barista scortese o vagando alla disperata ricerca di un passante gentile a cui chiedere indicazioni. Ma è un prezzo che pago volentieri, se poi anche fermarsi a parlare con un vicino di casa diventa una piacevole sorpresa.